lunedì 1 febbraio 2010

Le cose intorno a noi.

Gururi no koto - ぐるりのこと。

(tit. ing. All Around Us)
Giappone 2008

regia di
Hashiguchi Ry
ōsuke 橋口亮輔
con Lily Franky
リリー・フランキー (Kanao), Kimura Tae 木村多江 (Shōko), Emoto Akira 柄本明, Terajima Susumu 寺島


Ecco finalmente un gran bel film, come non ne vedevo dai tempi della visione di Strawberry Shortcakes. E anche in questo caso devo ringraziare i consigli di Midnighteye perché senza di essi non avrei avuto la furtuna di vederlo. Tom Mes lo ha messo al secondo posto nella sua classifica personale dei film del 2008 (si sono in ritardo di un anno e la stitichezza di questo blog ne è la prova) e questo mi è bastato per farmi venire la voglia di fare un salto a noleggiarlo.
Non ho voglia di scivere un trattato, quindi sarò breve. Hashiguchi è quello di Hush!, splendida commedia di qualche anno fa. Peccato non faccia film un po' più spesso. In Gururi no koto (vuol dire proprio "le cose che sono intorno [a noi], che [ci] girano intorno") firma regia, montaggio e sceneggiatura. Il film racconta un periodo di circa dieci anni, dal 1993, della vita di una giovane coppia interpretata da Lily Franky (è solo un nome d'arte) e Kimura Tae. Lui lavora come disegnatore di bozzetti nelle sale del tribunale (avete presente quei ritratti schizzati delle udienze che si vedono spesso anche nell'ambiente giudiziario statunitense? ecco quelli), lei lavora in una piccola casa editrice. Le loro vite e il mondo che gira loro intorno (come da titolo) sono raccontate con una cura appassionata e appassionante. Le difficoltà, i piccoli e grandi problemi, la tenerezza, il calore e l'intimità della vita di coppia sono espresse in maniera perfetta, con una attenzione al dettaglio da rimanere a bocca aperta. Ma forse la cosa che più mi ha colpito di questo film è il modo in cui il personale e il "piccolo", cioè il racconto della vita di coppia di Kanao e Shōko, un racconto "caldo" e vitale, si mescola al freddo racconto dei crimini efferati a cui assistiamo nelle aule del tribunale. Un po' come se le violenze e le crudeltà più inimmaginabili facciano parte anch'esse dell'esistenza, inscindibili dal tutto.
Eccezionali i due attori protagonisti, soprattutto Lily Franky, considerando che solo recentemente ha cominciato a recitare (è un designer, scrittore, illustratore, ecc.). Occhio a una lunghissima sequenza centrale, una litigata di coppia con annesso riappacificamento, nonché importante svolta narrativa: nel suo genere un capolavoro di scrittura, ma forse soprattutto di recitazione: dramma, tensione, emozione, comicità, tutto in pochi minuti e in una singola sequenza. Applausi ai due bravissimi attori.
Una piccola nota finale di poco conto e per pochi: se avete interesse o esperienza nel campo delle arti figurative, se disegnate, dipingete o magari lo avete fatto in passato, bè è un ulteriore motivo per cui mi sento di consigliarvi questo film. Sotto questo aspetto mi ha messo in uno stato d'animo molto particolare, per cui subito dopo ho tirato fuori il blocco degli schizzi e ho cominciato a disegnare.
Il dvd è sottotitolato in inglese, più di così...
Sito ufficiale
Qui sotto il trailer

giovedì 3 settembre 2009

Il fu Giappone.

Kawase Hasui 川瀬巴水 (1883-1957)
La tecnica xilografica giapponese portata a livelli forse insuperabili. La tecnica prospettica occidentale, all'epoca ancora tutto sommato una novità in Giappone, finalmente assimilata e compresa, piegata a mezzo espressivo. Ma soprattutto una voglia di documentazione paesaggistica e "turistica" (i meishoe 名所絵, le immagini di luoghi famosi, sono un genere importante nell'arte giapponese e in particolare nelle stampe) che rifugge da qualsiasi aspirazione artistica, dalla monumentalità e dall'eccentricità, capace di cogliere gli aspetti più intimi del Giappone. Guardate l'opera sotto, che mostra uno dei maggiori tesori del Giappone, la sala principale del Byōdōin di Uji, ma raffigurato di lato.

Byōdōin
1921

Pudore? o forse perché l'architettura, sublime ma pericolosamente maestosa, non prevalga rozzamente sulla bellezza effimera del crepuscolo. Negli esempi più alti, l'arte giapponese ha sempre dichiarato con chiarezza l'impossibilità di una scissione tra opera e ambiente naturale: non esiste "il Byōdōin", esiste "il Byōdōin al crepuscolo", sotto la neve, sotto la luna piena, ecc. Ci sono altre stampe raffiguranti il Byōdōin, sempre trattato allo stesso modo, con l'occhio che si sposta di lato, incapace di abbracciarlo nel complesso.
C'è quasi del verismo in alcune opere, eppure tutto è velato da una patina di squisito romanticismo, malinconico, come nei tramonti che dipingono di rosa nuvole o scogliere. Una vena nostalgica inusuale (al tramonto è si sempre preferita l'alba, nell'arte giapponese) perché probabilmente conscia dell'inevitabile fine di un mondo tanto delicato.
In questa pagina di hanga.com è possibile trovare una collezione virtuale di incredibile vastità (c'è quasi l'opera completa) delle opere di Kawase, oltre ad altre informazioni sull'autore. Da sfogliare con calma, cercando di non lasciarsi prendere dallo sconforto o dall'invidia verso chi ha potuto vedere coi propri occhi quello che probabilmente era uno dei paesi più splendidi del pianeta.

Inverno a Arashiyama
1921


Il monte Onsengatake da Amakusa
1922


Yanaka al crepuscolo
1921


Luna a Matsushima
1919

giovedì 18 dicembre 2008

Volumi, tracce, segni.

Kyōto, Tōfukuji. 2008.
京都・東福寺 2008年

Kyōto, Tōfukuji. 2008
Colonna dello Hōjō.
京都・東福寺 2008年.
方丈の柱.

Calligrafia di Ikkyū Sōjun.
一休宗純墨蹟.

giovedì 4 dicembre 2008

mercoledì 17 settembre 2008

Meno "artisti", più "illustratori"!

Yamaguchi Akira 山口晃

Shitennō*, Jikokuten
四天王立像「持国天」
2006
olio, acquerello e china su tela
194 x 97 cm

Shitennō, Kōmokuten
四天王立像「廣目天」
2006
olio, acquerello e china su tela
194 x 97 cm

Tavoletta votiva
絵馬圖
2001
olio e vernice su compensato
182,5 x 183 cm

Funicolare
ケーブルカー圖
2005
penna e acquerello su carta
32,7 x 24,4 cm

I nuovi grandi magazzini Mitsukoshi a Nihonbashi
百貨店圖 日本橋 新三越本店
2004
penna e acquerello su carta
59,4 x 84,1 cm

Altre immagini (non molte e non molto grandi, purtroppo) e informazioni qui.

* "I quattro re celesti", gli dei guardiani dei punti cardinali nel pantheon buddhista

martedì 25 marzo 2008

Il cinema di Yamashita Nobuhiro. Premessa.

Per un cinefilo è una grande soddisfazione scoprire e seguire in tempo reale il cammino di un cineasta di talento, magari sconosciuto ai più, magari in piena crescita creativa. Capita spesso che un regista abbia il suo periodo d’oro, cinque, dieci anni, oppure una cinquina di opere. Quanto può durare? Non è facile per il pubblico occidentale seguire in diretta l’evoluzione di molti registi giapponesi. C’è necessariamente uno scarto di tempo, in cui un autore deve farsi apprezzare in patria, e poi sperare che qualche visionatore di qualche festival lo scelga. Quindi il cinefilo occidentale lo scopre, e con fatica (al giorno d’oggi un po’ meno) va a recuperare le opere precedenti. Il tutto può durare anche qualche anno. E cosa può succedere? Può succedere che nel mentre, il regista M. abbia sparato magari tutte le sue cartucce (capita, niente di male), e che le sue cose migliori appartengano già al passato. A questo punto del percorso quindi, il nostro regista M. (ormai un nostro pupillo) è già affermato e le sue nuove opere arrivano a noi senza fatica alcuna e con tutti gli onori. Ma queste opere hanno perso la forza e la freschezza di un tempo (“Ma come? è solo un passo falso. Dopotutto A. è un capolavoro. Rimane sempre un genio.”). Stentiamo a crederci, non vogliamo ammetterlo (è il nostro pupillo) ma i suoi nuovi film sono solo la copia bolsa di quelli di pochi anni prima. Quando poi tocca il fondo, magari con K., dobbiamo svegliarci ed ammettere quello che non volevamo.
Questa premessa per dire cosa? Per dire che Yamashita Nobuhiro 山下敦弘 è il “qui e ora” nel cinema giapponese. Quanto durerà ancora non si sa, ma è meglio affrettarsi. Venezia e Cannes arrivano sempre troppo in ritardo.
つづく(*continua)

giovedì 6 marzo 2008

Il vecchio pazzo per la musica.

I viaggi solitari di Chikuzan
Chikuzan hitori tabi - 竹山ひとり旅

(tit. ing. The Life of Chikuzan)
Giappone 1977

regia di
Shindō Kaneto
新藤兼人
con Hayashi Ryūzō
林隆三 (Sadazō/Chikuzan), Otowa Nobuko 乙羽信子 (madre di Chikuzan), Baishō Mitsuko 倍賞美津子 (seconda moglie di Sadazō)
supporto
dvd (sottotitoli inglese)

La vita di Takahashi Chikuzan 高橋竹山, suonatore errante di shamisen (strumento tradizionale giapponese a tre corde); la nascita in una povera famiglia di contadini, nelle depresse e gelide aree dell’estremo nord di Honshū, l’isola principale dell’arcipelago giapponese; la parziale cecità contratta da bambino; il duro apprendistato presso un suonatore errante; l’incessante vagabondare, suonando davanti alle case in attesa di qualche soldo o cibo; l’impossibilità di una vita coniugale normale; il tutto introdotto e concluso dalle parole dello stesso Takahashi Chikuzan, ormai anziano e apprezzato maestro di Tsugaru shamisen (lo stile dell’antica regione di Tsugaru, l’attuale provincia di Aomori).

Shindō Kaneto non è nuovo a rappresentazioni quasi documentarie di vita giapponese (come in L’isola nuda - Hadaka no shima, 1960). Qui riesce a bilanciare con maestria, documentario etnologico, dramma e persino ricerca estetica. La figura di Sadazō (Chikuzan è il nome d’arte che prenderà solo in età avanzata), è quella di un pazzo per la musica, un corpo musicale che sembra non avere limiti. Un moto perpetuo che non può essere spiegato con il solo bisogno di sopravvivenza (Sadazō vive di musica in tutti i sensi), ma la cui ragione va vista nel più alto grado della ricerca artistica. E allora Sadazō è un pazzo, che si sposta incessante e quasi stolido per valli, spiagge e catapecchie. Mangia quello che riceve, dorme dove capita e viaggia con chi incontra.

In questo scritto, l’autore paragona la figura di Sadazō errante a quella di Kunisada Chūji 国定忠次, famoso eroe bandito della fine dell’epoca Edo (1615-1868) e protagonista di numerosi film, soprattutto negli anni venti e trenta. Durante il film, infatti, viene mostrato Sadazō mentre lavora in un cinema quale membro dell’orchestra accompagnatrice di un film muto. In questa scena possiamo vedere alcune immagini di un film che ha per protagonista Kunisada Chūji. L’autore sostiene che Shindō Kaneto “intentionally wished to draw a comparison between Chuji the chivalrous commoner of legend & this modern folksinger.”, e la cosa è effettivamente plausibile. Non so se sia corretto definire Chikuzan hitori tabi una sorta di matatabi eiga, ovvero quel sottogenere dei jidaigeki (film in costume, generalmente ambientati fino al 1868), che ha per protagonisti viaggiatori erranti, quasi sempre yakuza o giocatori d’azzardo. Nei matatabi eiga, il viaggio è uno sfondo, una piattaforma su cui costruire il personaggio e la narrazione, che, infatti, si svolge quasi sempre in un unico luogo. Sono ben differenti dai road movie americani, dove il muoversi fisico dei luoghi (la maestosità degli spazi americani) è spesso quasi predominante rispetto all’individuo che vi si muove all’interno. Chikuzen hitori tabi è forse più vicino all’idea occidentale di road movie, sebbene sia l’uomo, senza dubbio, ad avere la completa attenzione.

Chikuzen hitori tabi è un film di piedi, piedi senza paura, sprofondati nel fango e nella neve, di piedi che non si fermano. C’è una sequenza di un pasto, tra Sadazō e un suo compagno di vagabondaggio, che si svolge in riva al mare: il pasto è misero e la sua preparazione è quanto di più spartano e antigienico si possa immaginare, eppure nelle immagini di quel rito frugale si ricrea una magia indescrivibile che rende quel momento così perfetto e in grado di esprimere concetti immensi, quali vita, amicizia, umanità. Cosa lascia dopo la visione? Un senso di costrizione, forse. Nel vedere quest’uomo che non ha legami materiali, che cammina libero coniugando la vita solo al presente, ci si sente soffocare, così, forse per un attimo, nelle nostre prigioni dorate, riscaldate e munite di frigorifero.