martedì 23 dicembre 2014

Una scia d'aeroplano



Qualche giorno fa ero in viaggio con amici, e in macchina, dall'autoradio ascoltavamo una canzone che avevo già sentito da qualche parte: la canzone era 『ひこうき雲』, Hikōkigumo, che significa letteralmente "scia d'aereo", di ARAI Yumi 荒井由実; e l'avevo già sentita nell'ultimo film di Miyazaki Hayao 『風立ちぬ』, Kaze tachinu, Si alza il vento.
La canzone è tratta dall'album omonimo del 1973, quindi non è un brano composto apposta per il film di Miyazaki. Non credo che si tratti della prima volta che una canzone di Arai Yumi entri nella colonna sonora di un film di Miyazaki, ma non ricordo, provate a controllare. Non sono un gran conoscitore di musica giapponese quindi non mi dilungo con spiegazioni e aneddoti che sarebbero forse risaputi, se non approssimativi o errati, e mi limito alla canzone e al testo soltanto. Posso solo dire che personalmente le canzoni dell'album ricordano lo stile di Carol King, e che la melodia di Hikōkigumo si avvicina a tratti di molto a A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum. Se la cosa è dichiaratamente un omaggio, io non lo so, non ho abbastanza curiosità per approfondire la cosa e quindi, come ho già detto, mi limito al testo.
Le parole sono molto belle, sebbene tristi: la canzone dovrebbe essere ispirata alla morte di una giovane compagna di scuola della cantante. Se poi avete visto il film, l'emozione si moltiplica e una lacrima può anche scappare. Il testo è oltretutto abbastanza semplice, quindi credo sia ottimo per chi studia giapponese. Quindi imparatelo, canticchiatelo, e la cosa si trasformerà anche in un ottimo esercizio.
Qui di seguito, il testo in caratteri giapponesi, la traslitterazione in romaji e infine la mia personale traduzione. Una piccola nota sulla mia traduzione: come sempre, ho cercato di rimanere il più vicino a una traduzione letterale, nel rispetto dell'originale, senza avventurarmi in voli poetici.

ひこうき雲

白い坂道が 空まで続いていた
ゆらゆらかげろうが あの子を包む
誰も気づかず ただひとり
あの子は 昇っていく
何もおそれない そして舞い上がる

空に 憧れて 空を かけてゆく
あの子の命は ひこうき雲

高いあの窓で あの子は死ぬ前も
空を見ていたの 今はわからない
ほかの人には わからない
あまりにも 若すぎたと
ただ思うだけ けれどしあわせ

空に 憧れて 空を かけてゆく
あの子の命は ひこうき雲

空に 憧れて 空を かけてゆく
あの子の命は ひこうき雲

Hikōkigumo

shiroi sakamichi ga sora made tsuzuiteita
yura yura kagerō ga ano ko wo tsutsumu
dare mo kizukazu tada hitori
ano ko ha nobotte yuku
nani mo osorenai soshite maiagaru

sora ni akogarete sora wo kakete yuku
ano ko no inochi ha hikōkigumo

takai ano mado de ano ko ha shinu mae mo
sora wo miteita no ima ha wakaranai
hoka no hito ni ha wakaranai
amari ni mo wakasugita to
tada omou dake keredo shiawase

sora ni akogarete sora wo kakete yuku
ano ko no inochi ha hikōkigumo

sora ni akogarete sora wo kakete yuku
ano ko no inochi ha hikōkigumo

Una scia d'aeroplano

Una bianca strada in salita conduceva fino in cielo
lentamente la foschia avvolge la ragazza
senza che nessuno se ne accorga, da sola
la ragazza sale
senza nulla temere, per poi alzarsi in volo

Voleva il cielo, volare nel cielo
la vita di quella ragazza, una scia d'aeroplano

Da quella finestra lassù in alto, la ragazza anche prima di morire
guardava il cielo, ora non capiscono
le altre persone non capiscono
"era troppo giovane"
pensano soltanto, ma lei era felice

Voleva il cielo, volare nel cielo
la vita di quella ragazza, una scia d'aeroplano

Voleva il cielo, volare nel cielo
la vita di quella ragazza, una scia d'aeroplano

La parte del ritornello 空に憧れて, sora ni akogarete, io l'ho tradotta semplicemente con "voleva il cielo". Il verbo 憧れる akogareru si traduce con "ammirare, desiderare, aspirare, essere attratto da…", io ho usato il semplice, ma potente, "volere", per rendere il desiderio della ragazza di salire in cielo. Si tratta ovviamente di una traduzione imperfetta, come qualsiasi traduzione del resto, ma credo che la semplicità sia sempre una cosa a cui restare fedeli quando si traduce.

domenica 26 ottobre 2014

は o が?

Ovvero, le particelle per definire il soggetto: come levarsi un po' di dubbi e non complicarsi la vita.
Se state studiando il giapponese, sicuramente uno degli argomenti più difficili da capire è l'utilizzo (corretto) delle particelle は e が, che, detto senza tecnicismi da linguisti, indicano il soggetto o il tema della frase in giapponese. Il carattere "は", con valore di particella si legge eccezionalmente "wa", e non "ha". Attenzione sempre anche a molte traslitterazioni in caratteri latini, perché a volte viene traslitterato "wa", a volte "ha", a libertà dello scrivente. Comunque va sempre letto "wa".
Ma veniamo subito al dunque. Per definire il soggetto abbiamo detto che si usano queste due particelle, ma perché ce ne sono due? In cosa si differenziano? Come si usano? All'università ricordo di aver fatto almeno un paio di lezioni molto complesse dedicate unicamente a questo tema. I lettori giapponesi faticavano a spiegarne l'uso corretto, e gli studenti si spaccavano la testa per capirne la differenza. Secondo me molti insegnanti ci marciano un po' sulla questione, come se si trattasse di spiegare chissà quale formula algebrica… in realtà, almeno per gli italiani, è molto facile capirne l'uso corretto. Vediamo un paio di esempi e subito capirete il meccanismo:

コンビニに行ってくる。
konbini ni ittekuru
Vado al konbini ("convenience store", supermercatino)
Il soggetto "io" è sottointeso. Come in italiano, il soggetto e la sua particella si possono omettere.

私はコンビニに行ってくる。
watashi ha konbini ni ittekuru
Io vado al konbini
Il soggetto "io" viene espresso chiaramente, imprimendo ad esso quella stessa sottolineatura che si ha in italiano.

Vediamo は e が in un esempio secondo me illuminante e semplicissimo:

行く。 iku
Vado.

私は行く。 watashi ha iku
Io vado.

私が行く。 watashi ga iku
Vado io.

Capita la differenza? E' una piccola sfumatura, ma sostanziale. Come lo è in italiano. Ancora:

これは好き。 kore ha suki
Questo mi piace.

これが好き。 kore ga suki
Mi piace questo.
In italiano, la posizione del soggetto, è fondamentale.
Un altro esempio:

私は払う。 watashi ha harau
Io pago.

私が払う。 watashi ga harau
Pago io.
Magari dopo aver bevuto un caffè insieme, c'è una bella differenza tra "Io pago (tu arrangiati!)", e "Pago/offro io (non ti preoccupare)"!
Ora vediamo un esempio in cui sono presenti entrambe le particelle, vedrete che è ancora una volta molto semplice capirne l'uso:

私はワインを持っていく。 watashi ha wain wo motteiku
Io porto il vino.

ワインは私が持っていく。 wain ha watashi ga motteiku
Il vino lo porto io.

Non è difficile, no? Probabilmente, spiegandolo teoricamente a parole risulta difficilissimo afferrare le sfumature linguistiche che si creano. Nemmeno io saprei come fare. Ma con un paio di esempi credo che tutto si risolva. Forse non sarà una regola infallibile da scrivere su un libro di testo, ma vi assicuro che lo spostamento del soggetto in italiano risolve la stragrande maggioranza dei casi dubbi, e soprattutto, ci facilita la vita.
Tra l'altro, questa spiegazione è utile anche in senso opposto, per i giapponesi che studiano italiano e faticano a capire sfumatura che il soggetto assume in italiano.

giovedì 11 settembre 2014

Il giapponese che non mi hanno insegnato all'unive: 〜っぽい

Ci sono particolari espressioni del giapponese che all'università hanno ben evitato di insegnarmi. Ovvio che i professori e i lettori non possono insegnare tutto di una lingua, persino in quattro anni di lezioni. Esistono però delle espressioni che sono così tanto usate nella lingua di tutti i giorni, che mi stupisco non me ne abbiano fatto mai nemmeno menzione. Chissà, le espressioni che elencherò nei miei post, ora fanno parte attiva del programma; chissà, quando ne hanno parlato a lezione, io ero assente o distratto; quindi, nessuna polemica verso nessuno. Comunque, cominciamo.

Il primo post della serie riguarda un caso emblematico: 〜っぽい. Appena arrivato in Giappone, sentivo questo "…ppoi" con una frequenza allarmante: tutti continuavano a emettere questo suono bizzarro, tanto che all'inizio credevo fosse un suffisso grammaticale comune (ma a me sconosciuto) tipo un "-desu" o "-masu".
〜っぽい è un suffisso che si attacca principalmente dietro i sostantivi, ma anche dietro a aggettivi, e talvolta anche a verbi. In realtà sarebbe solo 〜ぽい, ma quasi sempre la consonante raddoppia, trovandosi attaccata a una vocale. Il dizionario Shogakukan lo riporta, ma (ovviamente) senza una spiegazione che non sia quella giapponese: "・・・の気がある". Effettivamente è così, indica "che dà la sensazione di + N/Agg.". Sì, come spesso accade la spiegazione sintetica non risolve granché, meglio gli esempi. Il dizionario ne cita già molti, aiutando molto lo studente.

男っぽい
otokoppoi
"maschile, mascolino, virile, da uomo, tipico di un uomo…"
Non c'è una maniera semplice e univoca per tradurre l'espressione in italiano. Possiamo farlo diventare un aggettivo o una espressione complessa, a seconda del caso e del significato originale. Per l'inglese esiste invece qualcosa di simile, traducendo (ovviamente non sempre) con il suffisso "-ish".
Un vestito da donna è "otokoppoi" se ricorda l'abbigliamento tipico maschile. Una donna stessa è "otokoppoi" se si comporta da uomo, quindi potrebbe essere tradotto con "maschiaccio", e così via.

赤っぽい
akappoi
"rossiccio, rossastro, sul rosso, che tende al rosso, che sembra rosso"

彼っぽい
kareppoi
"tipico di lui, alla sua maniera"

イタリアっぽい
itariappoi
"di stile italiano, vagamente italiano, italianeggiante…"
Riferito a un ristorante, un oggetto, un luogo, ecc.

イタリア人ぽい
itariajinpoi
"sembra un italiano, tipico di un italiano"
Riferito ad una persona. Nota come in questo caso la consonante non raddoppia, seguendo un'altra consonante.

今日の天気は、秋っぽいね。
kyou no tenki ha akippoi ne
"Oggi sembra (di essere in) autunno" "Il tempo di oggi sembra quello tipico dell'autunno"
Vari modi di tradurlo, via via più letterali. Credo si sia capito: ci troviamo ad esempio ad agosto, ma piove, o fa fresco come in autunno.

〜っぽい si comporta come un aggettivo in 〜い:
映画はおもしろかったけど、ちょっとこどもっぽかった。
eiga ha omoshirokatta kedo, chotto kodomoppokatta
"Il film era divertente, ma era un po' troppo per bambini"
Quindi 〜っぽい si coniuga per formare il passato e diventa 〜っぽかった

Perfino usato da solo!:
A: あの人、外国人よね・・・
B: ぽいね・・・
- ano hito, gaikokujin yo ne…
- poi ne…

"- Quello là, è uno straniero, vero?!
- Mi sembra, sì"

In alcuni casi segue un verbo. Il significato si avvicina quindi a 〜しやすい -shiyasui, "facile da (fare), facilmente". Per esempio si sente spesso:
怒りっぽい
okorippoi
"che si arrabbia facilmente, irascibile"

Ecco tutto. Una particella fondamentale direi nel giapponese colloquiale, di cui non ho memoria nei miei studi universitari.
Alla prossima.

mercoledì 6 agosto 2014

Concetto, concept, コンセプト, 概念

Ehm… facciamo finta che non siano passati anni (sì, anni, non è un'iperbole) e riprendiamo.

Mi capita, vivendo in Giappone e lavorando con la lingua e le parole, di imbattermi in casi linguistici che possono complicare la vita di chi studia la lingua giapponese. Spesso questi casi linguistici, chiamiamoli pure problemi, non sorgono all'interno della lingua madre, ma sono spesso termini stranieri, perlopiù inglesi, riprodotti in giapponese per mezzo del katakana. Per i più esperti non saranno granché, ma spero questo mio "sfogo" possa essere utile a qualche studente non ancora avvezzo alla lingua giapponese parlata giornalmente. (Chissà, magari diventerà una serie regolare all'interno del blog.)
Oggi vorrei parlare in particolare del termine コンセプト ("konseputo"). Viene ovviamente dall'inglese "concept" e si traduce in italiano con… "concetto"!, direte voi, bè, non è sempre così semplice. Sfogliando il dizionario Shogakukan giapponese-italiano troviamo alla voce コンセプト, semplicemente e definitivamente un unico termine "concetto". Se viceversa cerchiamo l'italiano "concetto", ci sono molte più voci: intanto una soluzione che ci pare bellissima e comodissima: 概念 ("gainen"), una parola di due kanji, seria, dotta, vorrei definirla "tedesca", ma ovviamente non posso.
Il fatto è che ultimamente in Giappone questa parola, コンセプト, va molto di moda e la troverete spesso. Dove? Soprattutto nei siti web di aziende, negozi e locali di vario genere. Per esempio, il sito internet di un ristorante, nei menù della pagina avrà sicuramente tra i bottoni link anche il nostro コンセプト. Il "concetto" del nostro ristorante è "l'idea ispiratrice che ne sta alla base", ad esempio, "cucina italiana ma con ingredienti giapponesi".
Fin qui nulla di trascendentale, credo. I problemi di traduzione e comprensione si sviluppano però con l'(ab)uso sempre più naturale e colloquiale di questa parola, oramai diventata "cool" soprattutto tra i giovani. E soprattutto completamente giapponesizzata nell'uso, ovvero una parola dal significato che si estende fino all'orizzonte e capace da sola di generare un concetto (appunto) intraducibile se non con una frase. Qualche esempio:

ショップのコンセプトは「手紙」。
Traduzione iper letterale per enfatizzare: "Il concetto del negozio [sono] le lettere"
(dalla recensione di un negozio specializzato in carta da lettere, cartoleria, ecc.)

“日本”をコンセプトにした生活用品
"Oggetti d'uso quotidiano che hanno come concetto 'il Giappone'"
(Si parla di un negozio specializzato in oggetti di design e artigianato giapponese)

Si capisce che in entrambi gli esempi, la traduzione migliore la si raggiunge usando la parola "tema": "le lettere sono il tema del negozio", ed esempio.
Spesso però, il コンセプト non è un oggetto concreto o anche una parola, e la traduzione "tema" comincia a faticare:

『甘いけど毒がある』[…]というコンセプトが出来ました。
"'dolce ma velenoso' è il concetto che ne è venuto fuori."
(E' il concetto (sic!) che è scaturito partendo dal nome di un dolcificante alimentare tossico che fa da nome a… un salone di bellezza!) Quindi vediamo che il コンセプト può ormai essere anche solo un'idea astratta, uno slogan ispiratore che sta alla base della filosofia di una certa azienda, e questa potenza di significato sta stipata dentro questa parola, che i giapponesi usano con noncuranza, ma per noi diventa ardua da tradurre, soprattutto quando bisogna rispettare la concisione originale, per esempio nel tradurre uno slogan.

お店のコンセプトって何ですか。
Quindi se un cliente, rivolgendosi al commesso di un negozio di abbigliamento, chiede: "Qual è il concetto del negozio?", si aspetterà una risposta ben più profonda di "vendere vestiti". Vorrà sapere a con quale criterio sono scelti i vestiti in vendita, a che tipo di clientela sono dedicati, ma forse, soprattutto, qual è la filosofia del negozio, possibilmente qualcosa di figo.

Direi che può bastare.
Io intanto continuo a pensare a quale cavolo sia il コンセプト del mio blog.

venerdì 17 settembre 2010

Bambole gonfiabili.

Kūki ningyō - 空気人形

(tit. ing. Air Doll)
Giappone 2009
regia di
KOREEDA Hirokazu 是枝裕和
con BAE Doona, ARATA, ITAO Itsuji 板尾創路, Odagiri Joe オダギリ ジョー, TERAJIMA Susumu 寺島進



Se siete capitati in questo blog cercando su Google "bambole gonfiabili", oppure i più raffinati "Bae Doona nuda", mi dispiace ma resterete un poco delusi. Comunque non disperate, potrete sempre allietarvi la giornata, nonchè diventare ancora più nerd leggendovi la mia pseudo-recensione, pseudo-intellettuale. Potrete così usare le mie brillantissime argomentazioni per stroncare il film di Koreeda con i vostri amici, senza nemmeno citare la fonte. Fine del prologo divertente.

La tesi del film di Koreeda è che nelle grandi città giapponesi le persone sono sole, e vuote: insomma, non proprio un tema originale. Oltre a questo, il problema è che questa tesi (che peraltro dovrebbe essere sempre dimostrata) sembra sia usata come una scenografia bell' e pronta. Il ragazzino ossessionato dalle "maid" (le ragazze vestite come delle camerierine vecchio stile), l'anziana signora che vive col terrore dei criminali, il vecchio abbandonato, eccetera, sono solo degli stereotipi buttati lì per fare scenografia. Koreeda non si fa mancare neanche "la ragazza bulimica": non c'è nemmeno bisogno che parli, basta che vomiti. Non c'è il minimo tentativo quantomeno di raccontare l'esistenza dei "casi umani" che ci vengono presentati. Non c'è mai la volontà di rimboccarsi le maniche e spiegare, indagare, proporre vie d'uscita. E alla fine questa solitudine cronica, questa desolazione di anime e architetture diventa solo un quadretto romantico, languido ed elegante su cui possiamo smettere di sbatterci la testa per capire e trovare soluzioni, ma che possiamo finalmente usare a nostro piacimento per creare atmosfere raffinate alla Wong Kar Wai*. E invece no! dico io. Non si può estetizzare, e quindi banalizzare, una tragedia del genere. Perché poi nei festivàl europei sembra che questa solitudine di cui parla Koreeda sia proprio così: un'immagine soffusa e ovattata, triste si, ma quasi romantica e perfino cool. E invece ci stanno persone in carne e ossa che sopravvivono nella miseria e nella solitudine, e la miseria e la solitudine sono cose affatto romantiche e cool.
Per raccontare il Giappone di oggi, i cineasti giapponesi farebbero meglio a guardare i film dei Dardenne e meno quelli di Wong; e se i sottotitoli danno noia, che si guardassero chessò, i primi film di Ōshima! Li trovano pure da Tsutaya. Sono pure in offerta a 100 yen.
La visione di Air Doll è comunque vivamente consigliata: si vede Bae Doona nuda.

*Il direttore della fotografia di Air Doll è Mark Lee, che ha lavorato in In the Mood for Love.

lunedì 1 febbraio 2010

Le cose intorno a noi.

Gururi no koto - ぐるりのこと。

(tit. ing. All Around Us)
Giappone 2008

regia di
Hashiguchi Ry
ōsuke 橋口亮輔
con Lily Franky
リリー・フランキー (Kanao), Kimura Tae 木村多江 (Shōko), Emoto Akira 柄本明, Terajima Susumu 寺島


Ecco finalmente un gran bel film, come non ne vedevo dai tempi della visione di Strawberry Shortcakes. E anche in questo caso devo ringraziare i consigli di Midnighteye perché senza di essi non avrei avuto la furtuna di vederlo. Tom Mes lo ha messo al secondo posto nella sua classifica personale dei film del 2008 (si sono in ritardo di un anno e la stitichezza di questo blog ne è la prova) e questo mi è bastato per farmi venire la voglia di fare un salto a noleggiarlo.
Non ho voglia di scivere un trattato, quindi sarò breve. Hashiguchi è quello di Hush!, splendida commedia di qualche anno fa. Peccato non faccia film un po' più spesso. In Gururi no koto (vuol dire proprio "le cose che sono intorno [a noi], che [ci] girano intorno") firma regia, montaggio e sceneggiatura. Il film racconta un periodo di circa dieci anni, dal 1993, della vita di una giovane coppia interpretata da Lily Franky (è solo un nome d'arte) e Kimura Tae. Lui lavora come disegnatore di bozzetti nelle sale del tribunale (avete presente quei ritratti schizzati delle udienze che si vedono spesso anche nell'ambiente giudiziario statunitense? ecco quelli), lei lavora in una piccola casa editrice. Le loro vite e il mondo che gira loro intorno (come da titolo) sono raccontate con una cura appassionata e appassionante. Le difficoltà, i piccoli e grandi problemi, la tenerezza, il calore e l'intimità della vita di coppia sono espresse in maniera perfetta, con una attenzione al dettaglio da rimanere a bocca aperta. Ma forse la cosa che più mi ha colpito di questo film è il modo in cui il personale e il "piccolo", cioè il racconto della vita di coppia di Kanao e Shōko, un racconto "caldo" e vitale, si mescola al freddo racconto dei crimini efferati a cui assistiamo nelle aule del tribunale. Un po' come se le violenze e le crudeltà più inimmaginabili facciano parte anch'esse dell'esistenza, inscindibili dal tutto.
Eccezionali i due attori protagonisti, soprattutto Lily Franky, considerando che solo recentemente ha cominciato a recitare (è un designer, scrittore, illustratore, ecc.). Occhio a una lunghissima sequenza centrale, una litigata di coppia con annesso riappacificamento, nonché importante svolta narrativa: nel suo genere un capolavoro di scrittura, ma forse soprattutto di recitazione: dramma, tensione, emozione, comicità, tutto in pochi minuti e in una singola sequenza. Applausi ai due bravissimi attori.
Una piccola nota finale di poco conto e per pochi: se avete interesse o esperienza nel campo delle arti figurative, se disegnate, dipingete o magari lo avete fatto in passato, bè è un ulteriore motivo per cui mi sento di consigliarvi questo film. Sotto questo aspetto mi ha messo in uno stato d'animo molto particolare, per cui subito dopo ho tirato fuori il blocco degli schizzi e ho cominciato a disegnare.
Il dvd è sottotitolato in inglese, più di così...
Sito ufficiale
Qui sotto il trailer

giovedì 3 settembre 2009

Il fu Giappone.

Kawase Hasui 川瀬巴水 (1883-1957)
La tecnica xilografica giapponese portata a livelli forse insuperabili. La tecnica prospettica occidentale, all'epoca ancora tutto sommato una novità in Giappone, finalmente assimilata e compresa, piegata a mezzo espressivo. Ma soprattutto una voglia di documentazione paesaggistica e "turistica" (i meishoe 名所絵, le immagini di luoghi famosi, sono un genere importante nell'arte giapponese e in particolare nelle stampe) che rifugge da qualsiasi aspirazione artistica, dalla monumentalità e dall'eccentricità, capace di cogliere gli aspetti più intimi del Giappone. Guardate l'opera sotto, che mostra uno dei maggiori tesori del Giappone, la sala principale del Byōdōin di Uji, ma raffigurato di lato.

Byōdōin
1921

Pudore? o forse perché l'architettura, sublime ma pericolosamente maestosa, non prevalga rozzamente sulla bellezza effimera del crepuscolo. Negli esempi più alti, l'arte giapponese ha sempre dichiarato con chiarezza l'impossibilità di una scissione tra opera e ambiente naturale: non esiste "il Byōdōin", esiste "il Byōdōin al crepuscolo", sotto la neve, sotto la luna piena, ecc. Ci sono altre stampe raffiguranti il Byōdōin, sempre trattato allo stesso modo, con l'occhio che si sposta di lato, incapace di abbracciarlo nel complesso.
C'è quasi del verismo in alcune opere, eppure tutto è velato da una patina di squisito romanticismo, malinconico, come nei tramonti che dipingono di rosa nuvole o scogliere. Una vena nostalgica inusuale (al tramonto è si sempre preferita l'alba, nell'arte giapponese) perché probabilmente conscia dell'inevitabile fine di un mondo tanto delicato.
In questa pagina di hanga.com è possibile trovare una collezione virtuale di incredibile vastità (c'è quasi l'opera completa) delle opere di Kawase, oltre ad altre informazioni sull'autore. Da sfogliare con calma, cercando di non lasciarsi prendere dallo sconforto o dall'invidia verso chi ha potuto vedere coi propri occhi quello che probabilmente era uno dei paesi più splendidi del pianeta.

Inverno a Arashiyama
1921


Il monte Onsengatake da Amakusa
1922


Yanaka al crepuscolo
1921


Luna a Matsushima
1919